Continuano gli approfondimenti sul tema dell’antibiotico-resistenza con un prezioso contributo della professoressa Maria Triassi e delle dottoresse Emma Montella e Mariapia Del Core dell’Università di Napoli Federico II.
L’antibioticoresistenza ha un impatto sull’uomo, sugli animali e sull’ambiente che si manifesta con conseguenze sulla qualità della vita, nonchè un rilevante impatto economico per il singolo e la collettività. È, infatti, più difficile curare le malattie infettive, il decorso risulta più lungo, aumenta il rischio di complicanze fino ad arrivare ad esiti invalidanti o alla morte.
Ogni anno 700 mila persone nel mondo muoiono a causa di un’infezione dovuta a batteri resistenti agli antibiotici, di questi 33000 in Europa[1], una cifra che potrebbe aumentare a 10 milioni di decessi all’anno a livello globale entro il 2050[2], con un costo per i sistemi sanitari di circa 1,1 miliardi[3].
In Italia la resistenza agli antibiotici è tra le più elevate in Europa; ogni anno, la percentuale di pazienti a cui è diagnosticata un’infezione batterica multiresistente varia dal 7% al 10%.
Il problema della resistenza agli antibiotici è complesso e riconosce tra le cause: l’aumentato utilizzo degli antibiotici in zootecnia e in agricoltura; l’uso non appropriato degli antibiotici; la diffusione delle infezioni ospedaliere causate da microrganismi antibiotico-resistenti; un aumento dei viaggi internazionali e dei flussi migratori.
Due sono le strategie principali per affrontare il fenomeno infettivo e garantire in modo integrato la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente (approccio “one health”)[4]:
- Uso prudente ed appropriato di antibiotici: la resistenza agli antibiotici è direttamente collegata al loro uso eccessivo e improprio;
- Attuazione di buone pratiche di controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA): disinfezione e sanificazione degli ambienti e delle superfici, igiene delle mani, screening ed isolamento dei pazienti infetti/colonizzati negli ospedali.
In merito a quest’ultimo aspetto, gli ospedali hanno un ruolo chiave nella veicolazione di infezioni da batteri multiresistenti. L’AOU Federico II, anticipando gli obiettivi del PNCAR[5], garantisce strategie di prevenzione delle antibiotiche resistenze, in particolare con la sorveglianza epidemiologica di laboratorio. Alimenta, infatti, sin dal 2010, il Sistema di Sorveglianza dell’Antibiotico Resistenza (Si.Re.Ar.), collegato alla rete europea “Ears-Net” tramite la rete sentinella nazionale “AR-ISS” dell’Istituto Superiore di Sanità. L’Azienda aderisce al Si.Re.Ar. inviando periodicamente i dati ed elaborando report di valore sia locale, per il controllo delle attività aziendali, che regionale e nazionale. Per l’anno 2018 i dati aziendali sono in linea con i dati regionali: il patogeno più frequentemente isolato è E. coli, con un incremento della percentuale di resistenza alle Aminopenicilline (79,5%), alle Cefalosporine di III generazione (48,3%), ai Fluorochinoloni (62%) e agli Aminoglicosidi (31,2%). Sono aumentate le percentuali di resistenza alla meticillina da parte dello S. aureus, e le resistenze multiple da Pseudomonas aeruginosa. Al contrario, Klebsiella pneumoniae, presenta negli ultimi quattro anni un’inversione di tendenza della resistenza ai Carbapenemi, nonostante un nuovo incremento nell’ultimo anno. Gli Enterococchi, in particolare E. faecalis ed E. faecium, hanno manifestato crescenti livelli di resistenza ai Glicopeptidi, tra questi la Vancomicina.[6]
Per monitorare il fenomeno dell’antibiotico resistenza l’AOU Federico II partecipa, altresì, dal 2011, allo “Studio di Prevalenza sulle Infezioni correlate all’Assistenza e sull’uso di Antibiotici negli Ospedali per acuti”, basato su un Protocollo standardizzato dell’ECDC. Nel 2018 l’AOU Federico ha sorvegliato 312 pazienti di cui il 47% in trattamento antibiotico
Lo studio viene realizzato annualmente nel corso di una settimana comune in tutti i paesi europei. Il protocollo di studio è condiviso, al fine di confrontare i dati, scegliere obiettivi di intervento comuni e valutarne l’impatto. I dati raccolti permettono di coordinare la sorveglianza a livello locale, regionale, nazionale e di identificare problemi comuni e priorità condivise, tra cui l’elaborazione di nuove raccomandazioni e strategie per l’uso degli antibiotici. La sorveglianza epidemiologica di laboratorio garantisce da sola una maggiore appropriatezza prescrittiva degli antibiotici, oltre a guidare verso l’ottimizzazione delle terapie, ridurre gli effetti collaterali a breve e a lungo termine e contenere l’insorgenza di resistenze antimicrobiche.
Prof.ssa Maria Triassi
Professore Ordinario Igiene
Università Federico II di Napoli
Direttore D.A.I. di Sanità Pubblica, Farmacoutilizzazione e Dermatologia A.O.U. Federico II
Direttore U.R.D. Igiene, Medicina Preventiva e Statistica Sanitaria
Vicedirettore – Dipartimento Di Sanità Pubblica
Via S. Pansini, 5 – 80131 Napoli – Ed. 19 Piano 18
Tel: + 39 0817463346
Fax: + 39 0817463352
e-mail : triassi@unina.it
[1] https://antibiotic.ecdc.europa.eu/
[2] “No Time to Wait: Securing the future from drug-resistant infections”- Final Report IACG (Interagency Coordination Group on Antimicrobial Resistance)
[3] Surveillance of antimicrobial resistance in Europe- EARS-Net 2018
[4] https://www.who.int/news-room/q-a-detail/one-health
[5] Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020
[6] Rapporto 2018 sull’antibiotico resistenza e sull’uso di antibiotici rilevati nelle strutture ospedaliere della Campania