Lo chiedono i consumatori, lo sostengono i produttori. E oggi, il Parlamento sta cercando di dare una risposta a quest’esigenza di sicurezza, trasparenza e correttezza.
Il marchio “Made in Italy” è già realtà: con il decreto legge approvato a inizio aprile dal Consiglio dei Ministri, le imprese che producono beni sul territorio nazionale possano
apporre sulle proprie merci un contrassegno grafico recante insieme l’emblema
dello Stato, scrivendo che è stato realizzato in Italia. L’utilizzo del contrassegno è volontario, a fronte di un pagamento e nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di etichettatura delle merci.
Ancora in fase di studio, invece, il marchio “100% Made in Italy”, che dovrebbe essere attribuito ai prodotti le cui materie prime siano di origine italiana e tutte le procedure di lavorazioni avvengano sul territorio nazionale. C’è un disegno di legge, la cui discussione è iniziata a marzo scorso, dove è specificato come “si intenda come realizzato interamente in Italia il prodotto agroalimentare le cui singole fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento siano compiute esclusivamente nel territorio nazionale”. La provenienza di tutte le materie prime deve essere riportata in etichetta: sulle confezioni, in modo visibile, si potrà così apporre le diciture “Realizzato interamente in Italia” o “100% Made in Italy” o “100% italiano” o “Tutto italiano” o altre equivalenti. Nelle intenzioni del disegno di legge c’è anche un invito al Ministero dell’Agricoltura per promuovere iniziative d’informazione dei consumatori, così da contrastare e prevenire le frodi agroalimentari. Sarà compito del MiSe (Ministero dello Sviluppo Economico), invece, promuove intese con gli organi degli Stati non appartenenti all’Unione europea, per garantire la tutela dei prodotti agroalimentari nazionali.