Scendono del 5% i campi italiani coltivati a mais, mettendo in allarme gli allevatori, già alle prese con i rincari delle materie prime. A denunciare il calo delle superfici è Coldiretti, che giustifica la riduzione collegandola alle avverse condizioni climatiche con l’emergenza siccità che continua ad interessare importanti aree del Paese, a partire dalla pianura padana dove si produce 1/3 dell’agroalimentare italiano.
A essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. «È strategico ridurre la dipendenza dall’estero in una situazione in cui – evidenzia il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini – l’Italia è deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni,durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati».