NARZOLE – La storia dell’azienda della famiglia Giaccardi a San Nazario
Quella cascina l’hanno tirata su da soli un mattone alla volta. Un’abitazione in mezzo alla campagna che ha ribattezzato un’intera area: da allora, quella località alle porte di San Nazario ha preso il nome di “Casa Nuova”, a ricordare come un tempo laggiù non ci fossero che prati.
Sono stati i figli di Emanuele Giaccardi, agli inizi del Novecento, a costruire il casolare che nient’altro era che una piccola stalla di pochi metri, con a fianco due stanze per la famiglia. Una famiglia numerosa che, oltre a Emanuele e alla moglie Ottavia Aragno, conta 9 figli: quattro fratelli (Filippo, Giovanni, Manuele e Pietro) e cinque sorelle che, prima del trasloco, vivono in una cascina a una cinquantina di metri da lì.
Riuscire a sfamare così tante bocche è un’impresa. Poco più che bambine, le ragazze cercano impiego come domestiche in famiglie della zona, mentre gli uomini restano a casa ad accudire gli animali e coltivare la terra.
LA CASCINA
È il 1927 quando il figlio Pietro (classe 1902) inizia a posare il primo mattone. In pochi mesi, la cascina è pronta a ospitare una decina di vacche e ad accogliere parte della famiglia: alcuni fratelli scelgono altre strade, intraprendendo attività diverse, così Pietro si trova a gestire quasi da solo l’azienda agricola.
A dargli man forte nei lavori c’è la moglie Lucia Sanino (classe 1905), anche lei di San Nazario. Conosciuta fuori dalla chiesa della frazione, a cento metri dalla sua casa, diventa mamma per undici volte: Santino, Pasquale, Giacomo, Ludovico, Angelo e Modesto; Ottavia, Marianna, Teodorina, Maria e Renata. Undici figli in meno di vent’anni (dal 1932 al 1950) che, nonostante lo spazio ristretto, vivono in semplicità e allegria.
Sono anni di sacrifici, fatica e sudore, ma ogni membro della famiglia porta il suo contributo perché non manchi mai il pane in tavola.
La Seconda Guerra Mondiale bussa anche alla porta delle famiglia Giaccardi: Pietro riceve una lettera di richiamo, ma dopo essersi presentato alle visite, scampa agli orrori del conflitto: avrebbe dovuto partire per il fronte, ma la numerosa famiglia che lo aspetta a casa è uno dei motivi che convincono gli ufficiali a risparmiargli la battaglia.
In cascina si cresce sapendo che, appena possibile, bisogna cercare un’occupazione per mantenersi e portare qualcosa a casa.
LA NUOVA GENERAZIONE
Così fa Modesto (classe 1945), che appena tredicenne saluta i genitori e prende il treno, direzione Liguria: per due estati (1958/1959) lavorerà come aiuto cuoco in una rosticceria di Finale Ligure. Un’esperienza che lo aiuta a formarsi nel carattere, a contare sulle proprie forze, a non lasciarsi scoraggiare. Mentre Modesto lavora al mare, a San Nazario si amplia la stalla (giugno 1959), che così può ospitare una trentina di vacche piemontesi.
I ragazzi crescono, molti lasciano la cascina per intraprendere la propria strada, e Modesto si ritrova a gestire insieme a papà Pietro l’azienda agricola. Sono gli anni del boom economico, delle campagne che si spopolano, con le corriere che – due volte al giorno – fanno su e giù da Torino per accompagnare i nuovi operai negli stabilimenti della Fiat. Ma per Modesto il richiamo della terra è troppo forte.
E a legarlo a questi posti c’è anche l’amore, conosciuto poco più in là (a Benevagienna): ha il nome e il volto di Lucia Oreglia, che nel 1973 diventa la compagna di una vita.
Ma la casa è troppo piccola per ospitare tutti. Così, l’anno prima delle nozze, assieme al fratello muratore, costruisce un pezzo alla volta (proprio com’era stato fatto con quella antica) la nuova casa. Intanto prosegue l’attività nell’azienda agricola, mungendo gli animali nella vecchia stalla (un piccolo bidone di latte al giorno, lasciato sul ciglio della strada in attesa del passaggio del carretto per la raccolta), fino a quando nel 1982 non viene costruito da zero un nuovo ricovero per animali, dotato di trasporto latte.
Nel frattempo la famiglia è cresciuta di numero. La primogenita Federica viene alla luce nel 1974, mentre Marco tre anni più tardi (1977). È lui a continuare oggi la tradizione di famiglia, gestendo l’azienda agricola che nel 2005 è formalmente passata nelle sue mani.
Prima di arrivare nelle sue, nel 1986 (alla morte di Pietro) è Modesto a diventare titolare dell’impresa di famiglia, che nel 1992 deve affrontare il problema del risanamento, con la sostituzione completa di tutta la mandria: per acquistare i nuovi capi, geneticamente predisposti alla produzione di latte, Modesto si sposta fino in Olanda dove, grazie all’aiuto di un mediatore commerciale, conclude l’acquisto di cinquanta capi per ripartire praticamente da zero.
In quegli anni Marco è ancora uno studente ai Salesiani di Bra, ma non c’è giornata in cui non dia una mano in azienda. Così, dopo cinque anni di esperienza in fabbrica (dal 1994 al 1999), decide di seguire la sua vera vocazione e prendersi cura della cascina, che oggi conta un centinaio di bestie in mungitura.