Più forti di ogni sfida

A cascina San Vittorio la storia della famiglia Maero

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RITRATTI – Da oltre cent’anni l’azienda è nelle stesse mani

CERVIGNASCO


Era l’ultima cascina dei conti Della Chiesa, feudatari del Marchese di Saluzzo. Da oltre un secolo appartiene alla stessa famiglia che, generazione dopo generazione, porta avanti quei valori che solamente chi ha sperimentato dedizione e sacrificio può incarnare.

La numerosa famiglia del capostipite Andrea Marengo

LE RADICI


Andrea Marengo è un uomo d’altri tempi. Classe 1878, è abituato a svegliarsi presto per prendersi cura delle poche vacche che nelle stalla di cascina Violo permettono a lui, alla moglie Lucia Vignolo (1887) e ai quattro figli (Andrea, Caterina, Michelina e
Domenica) qualcosa da mettere in tavola.
È una vita di fatica nel piccolo casolare preso in affitto, rinnovato ad ogni San Martino.
Fino al 1922, quando il conte Cesare Antonio Della Chiesa di Cervignasco e Benevello decide di mettere in vendita cascina San
Vittorio, l’ultima proprietà di famiglia:
non solo casa e stalla, ma anche alcuni appezzamenti di terreno suddivisi – come raccontato da un’elegante pergamena, donata
ai nuovi proprietari in occasione dell’atto di compravendita – tra prati, bosco e vigneti.
Per Andrea è l’occasione di una vita. Gettando il cuore oltre l’ostacolo, decide di rilevare la cascina nobiliare per accrescere la
sua attività agricola. Ma ad aumentare, prima di tutto, è la famiglia: nascono Antonietta (1925) e poi Teresina (1927). Nell’aia una manciata di galline, due buoi nella stalla per i lavori nei campi, qualche vacca da mungere, un maiale nel porcile.
E bachi da seta sul fienile, una vera a propria attività agricola che richiede cura e attenzione.
Proprio mentre il mondo si prepara a vivere la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, in cascina San Vittorio si consuma un
altro dramma: non ancora trentenne, il primogenito Andrea (classe 1908) muore improvvisamente durante una funzione religiosa al
santuario di Moretta.

CATERIANA E GIUSEPPE


Un inspiegabile fatalità che getta nello sconforto papà Andrea, che si trova senza un figlio che era il suo braccio destro. Perché nel frattempo, tre delle sue cinque figlie hanno già trovato marito:
da circa tre anni, Caterina (classe 1911) vive con il marito Giuseppe Maero a Villanova Solaro in cascina Reondino, ma quando il
papà le chiede di ritornare a Cervignasco con la sua nuova famiglia (tra cui la neonata Lucia) non ci pensa troppe volte.
Nonostante la paura del conflitto mondiale, in cascina si respira aria di nuova speranza (con la nascita prima di Renzina e poi
di Bruno), ma un’altra dura prova si presenta sul cammino. È la tragica morte di Giuseppe, ucciso da alcuni soldati tedeschi
sulla strada di casa, mentre sta rientrando da Paesana dov’era andato per recuperare il cavallo che la sera precedente gli era stato
rubato nel corso di una razzia. Tramite alcune conoscenze, Giuseppe era venuto a sapere che l’animale era custodito in una stalla
mal sorvegliata: così aveva deciso di andarsi a riprendere ciò che era suo, ma la morte l’attendeva sulla strada del ritorno. Bruno
non ha ancora sette mesi. Un altro duro colpo per la famiglia, ma che ancora una volta scava nel profondo per trovare la forza
di reagire.
Nonno Andrea – che nel frattempo si era trasferito a Saluzzo – ritorna in cascina per dare una mano alla figlia, ricevendo il supporto
di tante famiglie della zona e dei dintorni. Come quella dei Ribero, di Busca, che acconsentono alle proprie figlie – poco più che bambine – di affiancare mamma Caterina, accudendo i piccoli di famiglia, cosicché i grandi si possano occupare delle faccende dell’azienda.

L’ERA DI BRUNO


Bruno cresce e studia. Dopo le elementari a Cervignasco, la mamma insiste perché continui a formarsi nel collegio civico di Saluzzo dove prosegue con l’avviamento professionale. Se la settimana la passa sui libri, al sabato e alla domenica non perde occasione per tornare in campagna e immergersi sempre più nell’attività di famiglia.
È il 1958 quando decide di gettarsi seriamente nella conduzione della cascina e, acquistando il primo trattore Landini, apre le porte
alla meccanizzazione in agricoltura. Ha appena diciannove anni quando la vita gli presenta un’altra sfida da superare. Nel 1963 muore improvvisamente mamma Caterina e Bruno si trova davanti a un bivio: abbandonare l’impresa oppure affrontare da solo il futuro.

UNA DIFFICILE SCELTA


Facendosi forza, accompagnato in quest’avventura da quella che diventerà sua moglie (Francesca Becchero, conosciuta sui
banchi di scuola), Bruno inizia a camminare da solo lungo il percorso intrapreso dal nonno. Nel 1964 arriva il matrimonio, poi i
figli Rinella (1965), Guido (1969) e Luisella (1977). Nel 1970 le vacche piemontesi lasciano spazio alle frisone e la stalla si adatta al nuovo tipo di allevamento, dotandosi dell’impianto di trasporto latte. Due anni più tardi, dopo la morte di nonna Lucia (che formalmente era rimasta la titolare dell’azienda agricola), Bruno decide di rilevare le quote di proprietà dell’impresa dalle tre
sorelle, diventando di diritto l’erede di quella tradizione iniziata esattamente cinquant’anni prima.
Non passano troppi anni che, nel 1980, lo spazio inizia a scarseggiare:
si costruisce la nuova stalla, in grado di accogliere una settantina di vacche, e crescere con l’azienda.

IL NUOVO CICLO

Le vacche frisone nella nuova stalla


Guido è poco più di un bambino, ma fin da subito dimostra l’interesse per gli animali e la vita in cascina. E infatti, dopo aver affiancato il papà, gli subentra ufficialmente nel 2001, portando intraprendenza e voglia di crescere.
Ma le nuove generazioni bussano alla porta: Fabio Milanesio (classe 1993), figlio di Rinella e di papà Gianfranco, ha sempre desiderato continuare l’attività di nonno Bruno. Così, dopo qualche esperienza lavorativa fuori casa, nel 2013 si affianca allo zio nella cura del bestiame e nella gestione della cascina. I tempi sono maturi per fare ancora un passo in più:
nel 2019 si costruisce la nuova stalla, viene ristrutturata quella vecchia e si passa alla sala mungitura; cambia anche il modello
di alimentazione, più controllato e attento.
Un’attività gestita tutta in famiglia, come da cent’anni a questa parte, che solo all’inizio di quest’anno ha visto l’ingresso di un
dipendente a supporto delle mungiture.