RACCONIGI
Dietro il caseggiato c’è un vecchio forno, di quelli in mattoni. Ci si cuoceva il pane, negli anni in cui di pane non se ne poteva fare a meno e lo si mangiava anche se secco. Come per il resto delle proprietà il suo utilizzo era regolamentato: a turno, un giorno la settimana, ogni famiglia poteva accenderlo. Nulla lasciato al caso. Nel contratto d’affitto era addirittura specificato come raccogliere il letame, ammassarlo ordinatamente per evitare di disperderlo in cascina. O da chi rifornirsi, nel caso non si riuscisse a produrre tutto da soli: i prodotti non potevano arrivare da più di 8 chilometri di distanza. A Migliabruna Nuova, gioiello d’architettura ai confini di Racconigi, le vicende di ieri s’intrecciano con quelle di oggi. Sia perché qualsiasi cambiamento – come la ristrutturazione di una stalla – deve sottostare ai vincoli imposti a tutela di un bene che risale al 1838, sia perché ogni angolo del cascinale è scenario di un pezzo di storia. Dal sentiero attraversato dalla famiglia reale alla cappella dedicata alla Vergine, dal fienile usato come nascondiglio dai partigiani alle stanze trasformate dai fascisti in quartier generale. Migliabruna è una testimonianza vivente di quello che un tempo erano le proprietà dei Savoia, dell’influenza della casa reale sull’economia del territorio e della lungimiranza nella gestione di una proprietà che, da oltre cent’anni, si tramanda di generazione in generazione.
LE FAMIGLIE
Sei stalle, sei aziende, sei famiglie. Sei storie che s’intrecciano tra loro, che insieme hanno scritto quella di Migliabruna. Fin da subito, i reali decisero di affittare la proprietà ad alcune famiglie numerose, evitando di dover raggranellare all’occorrenza manovali per i lavori nei campi. Una soluzione che garantì ai Savoia interlocutori affidabili e agli affittuari di considerare quella proprietà come se fosse loro. Chi oggi vive e lavora tra quelle mura è erede di chi sottoscrisse i primi contratti con la casa reale. Qualcuno ha continuato la tradizione di famiglia, dedicandosi ad allevamento e agricoltura, altri hanno scelto di percorrere altre strade. A distanza di oltre un secolo, soltanto due aziende agricole continuano a occupare le stalle con vacche da latte.
AZIENDA MONETTI
Giovanni Monetti fu uno tra i primi, agli inizi del Novecento, ad arrivare a Migliabruna. Una vita di sacrificio e impegno, ma anche di soddisfazioni e affetti. Tutto si faceva a mano, dal lavoro nei campi, alla cura delle bestie. Tutto si condivideva, dalla fatica al pane. Dei sei figli, tre rimasero a Migliabruna: Andrea, Battista e Matteo scelsero di seguire le orme del papà, mentre Mattia e Giovanni, grazie ai proventi della vendita dei bachi da seta, comprarono una proprietà a Villanova, dove poi trasferirono la loro attività. I gelsi, che abbondavano nelle campagne, rappresentavano una vera ricchezza, tanto che in fase di contrattazione si cercavano – anche a costo di rinunciare a qualche ettaro – i terreni più alberati: i bachi, che si nutrono esclusivamente delle foglie di questa pianta, erano molto ricercati (e ben pagati) dai setifici cittadini. Fu la famiglia di Andrea, che si sposerà con Caterina, a scrivere le pagine successive della storia. Una storia che, attraverso le drammatiche pagine della II Guerra Mondiale (con Migliabruna presa di mira tanto dai fascisti quanto dai partigiani), porterà all’acquisto della cascina a metà degli anni Settanta. Chi firmò l’atto fu Francesco con il fratello Matteo, figli di Andrea, terza generazione di Monetti. Per loro diventare titolari della cascina significò poter investire sul futuro, progettare la costruzione della nuova stalla (che arrivò nei primi anni Ottanta), senza dover chiedere il permesso ai discendenti della Casa Reale che, dopo l’esilio del re, continuavano a gestire le proprietà sparse in giro per il Paese. Prima di allora, qualsiasi miglioria all’azienda doveva essere concordata con i reali (come l’installazione del raschiatore per la rimozione del letame, nel 1969). La quarta generazione (Andrea e Massimo, figli di Francesco e della moglie Domenica) è stata la prima ad essere “padrona” della propria azienda: un’ottantina di piemontesi, che soltanto nel 2002 saranno sostituite da altrettante frisone (con l’adattamento della stalla e la creazione della sala di mungitura), oggi curate anche da Maurizio (figlio di Andrea e Patrizia,fratello maggiore di Marco), primo membro della quinta generazione già in attività (più giovani i cugini Fabio, Rosella e Enrica, figli di Massimo e Manuela).
AZIENDA MARCHISIO
Agli inizi del secolo scorso, poche altre realtà offrivano le stesse opportunità di Migliabruna. E così non era raro che qualcuno si spostasse dai paesi vicini alla ricerca di fortuna e lavoro. Da Monasterolo arrivò Antonio Marchisio, con i suoi tre fratelli (Guglielmo, Giacomo e Bartolomeo). Una famiglia numerosa, di quelle che facevano proprio al caso dei Savoia per gestire le loro proprietà. Una famiglia che continuò a crescere quando Antonio, dopo aver sposato Lodovica, divenne padre di ben otto figli: Giorgio, Giovanni, Guglielmo, Antonio, Bartolomeo, Anna, Maria e Lodovica. Tante braccia che potevano aiutare nei campi, ma altrettante bocche da sfamare. A quei tempi, Migliabruna era un paese a tutti gli effetti, con tanto di chiesa e scuola. A quanto pare, stando a una storia che profuma di favola, fu proprio un membro di Casa Savoia a voler la costruzione della scuola: passeggiando a cavallo in una domenica assolata, notò una moltitudine di bambini riversata nei cortili di Migliabruna. Quando domandò a un contadino chi fossero, rispose che erano figli di quella terra. Così, l’indomani una squadra di carpentieri iniziò i lavori di costruzione della scuola, dove continuarono a svolgersi lezioni fino agli anni Settanta. Degli otto figli, molti lasciarono l’azienda: nel 1966 Guglielmo rimase da solo, dopo aver lavorato per una decina d’anni in società con i fratelli Giovanni e Antonio. Sarà lui, insieme alle altre 22 aziende agricole un tempo di proprietà reale, ad andare a bussare alla porta degli uffici che gestivano terreni e cascine di Casa Savoia a Racconigi per chiedere di acquistare il caseggiato, diventandone proprietario nel 1974. Intanto, dal matrimonio con Domenica, erano nati Lodovica, Marianna, Antonio e Agostino, la terza generazione Marchisio che ha dovuto gestire la transazione da affittuari a titolari d’azienda. A differenza di altri, già nel 1972 l’attività si era convertita sulla produzione di latte: nelle stalle c’erano un’ottantina di capi, che cresceranno di qualche decina quando nel 1980 fu costruita la nuova stalla con il trasporto latte. Intanto Agostino e Antonio prendono in mano le redini dell’azienda e, con l’ingresso in società di Davide (figlio di Antonio e Giovanna, fratello di Chiara e Monica), ci si proietta nel futuro. Perché anche in uno scenario storico come Migliabruna, il domani non può restare alla porta: così, nel 2012 arriva una cooperativa per la produzione di biogas, nel 2018 i lavori di ristrutturazione della stalla (durati diversi anni per via dei permessi da ottenere legati ai vincoli paesaggistici) e quest’anno l’introduzione di un sofisticato robot per la mungitura delle vacche, che a regime riesce a gestire attorno ai settanta capi