RITRATTI – La storia della famiglia Appendino, da sempre nella cascina di via Tetto del ratto (Vallongo)
Si perdono nel tempo le ragioni che lo spinsero a spostarsi in quel cascinale a Tetto del Ratto, in mezzo alla campagna di località Vallongo. Una grande cascina, risalente alla fine del Settecento, che l’ospedale di Carmagnola contava tra le sue proprietà. Un’occasione per rendersi indipendente dalla famiglia, per cercare la propria strada.
È così, che agli inizi del Novecento, Bartolomeo Appendino inizia a scrivere una storia fatta di lavoro e sacrificio, di passione e amore per la terra, che prosegue ancora oggi.
In quel cascinale (condiviso con un’altra famiglia), accudisce gli animali con la moglie Anna Aimé: qualche vacca nella stalla, galline che scorrazzano nell’aia, due maiali nel porcile sul retro. Sono anni di fatica, con la minaccia della guerra dietro l’angolo, che tuttavia non toglie a Bartolomeo la voglia di crescere una famiglia. Nascono così Domenica, Pietro (1934) e Antonio (1942).
Sono il futuro da custodire, in un mondo che conosce le atrocità del conflitto mondiale.
I ragazzi diventano ogni giorno più grandi, per Bartolomeo arriva la possibilità di riscattare la porzione di cascina che occupa, e in poco tempo i figli si trovano fianco a fianco del papà dentro la stalla. Anche la mandria poco alla volta cresce, arrivando a contare una ventina di vacche piemontesi.
Tutto è fatto a mano: dal provvedere all’alimentazione dei bovini, alla pulizia della stalla, alla mungitura degli animali.
I PEPERONI
Tanto lavoro, che però lascia tempo ad Antonio di conoscere Pasqualina Avaro (1952), che segue il cuore e lascia Cavour per trasferirsi nella cascina di Tetto del Ratto.
Non ha paura di sporcarsi le mani, di condividere la fatica con il marito e il cognato Pietro, che fino all’ultimo continuerà a dare il proprio contributo in azienda.
Non è spaventata neppure dal grande lavoro che richiede la coltivazione dei peperoni, prodotto nobile di queste terre, che la famiglia Appendino decide d’intraprendere per differenziare l’attività in cascina. Prima un piccolo appezzamento, poi sempre più spazio: prima portati direttamente nei mercati torinesi, i peperoni sono poi conferiti a una cooperativa ortofrutticola che si occupa della loro vendita.
È una scommessa vincente, quella sui peperoni, che permette ad Antonio e Pietro di mettere da parte qualcosa da poter investire in azienda, comprando alcuni terreni accanto alla cascina.
A crescere non è solamente l’attività, ma anche la famiglia di Antonio: prima si festeggia la nascita di Rosanna (1972), poi quella di Fabrizio (1976). Una famiglia unita e allargata, dove nonna Anna continua a essere il collante e Pietro lo zio infaticabile che non fa mai mancare il proprio contributo.
LE STALLE
È così che cresce Fabrizio, che nonostante l’insistenza dei genitori, preferisce la libertà dei campi ai libri di scuola.
Una passione innata, coltivata fin da piccolo, che lo porta – appena possibile – a gettarsi anima e corpo nell’attività di famiglia, dando manforte a papà e zio.
Ma è ancora piccolo quando, nel 1980, l’azienda fa un primo grande passo con la costruzione di una nuova stalla, attrezzata con il trasporto latte, in grado di ospitare una trentina di animali: si avvia un processo di riconversione dell’allevamento, con l’arrivo delle prime vacche frisone, che poco alla volta avranno il sopravvento.
A metà degli anni Novanta, bussa alla porta un’occasione unica: i proprietari dell’altra porzione di cascina decidono di vendere. Viene così deciso l’ampliamento, che consente all’azienda di crescere ancora e di aumentare il numero di capi allevati, che trovano ricovero nella stalla degli ex vicini. L’epoca delle “quote latte” pone, inevitabilmente, un freno all’espansione imprenditoriale, ma la famiglia Appendino non si lascia demoralizzare.
Il Duemila è l’anno della svolta. Non inizia solamente un nuovo millennio, ma un nuovo capitolo nella storia dell’azienda agricola.
Una nuova stalla, con cuccette e sala mungitura, si costruisce sul retro della cascina: le vacche vengono spostate, si riorganizza l’allevamento e si getta il seme per una nuova scommessa.
L’AGRITURISMO
Come nel passato (quando erano state le donne di casa a insistere sulla coltivazione dei peperoni), è di Silvia Ciprano (classe 1986), compagna di Fabrizio, l’idea di trasformare la vecchia stalla e il ricovero per gli attrezzi in un agriturismo per valorizzare i prodotti del territorio.
E così, dopo aver riadattato la struttura ai nuovi scopi (mantenendo tuttavia l’atmosfera sincera e rurale di un tempo), nel 2005 s’inaugura l’Antico Casale, un agriturismo a conduzione familiare con piatti tipici della tradizione piemontese, dove la stragrande maggioranza dei prodotti che finiscono sulle tavole dei commensali provengono dall’orto, dai campi o dalle stalle della famiglia Appendino.
Un’attività parallela che riscuote immediatamente successo, molto apprezzata dai clienti e che – dopo essere rimasta chiusa per qualche tempo – a maggio di quest’anno è ripartita con lo stesso slancio di prima.
L’agriturismo ha chiuso le porte per un po’ non solo a causa della pandemia (che ha obbligato le strutture ricettive alla chiusura), ma anche perché nel frattempo Fabrizio e Silvia sono diventati genitori di Ambra (2019) e Federico (2021) e se li sono voluti godere appieno nei loro primi mesi di vita.
Ma in via Tetti del Ratto non ci si ferma. In questo momento, operai e macchinari sono al lavoro per costruire una maxi stalla (oltre 3.000 metri quadrati, più di 200 capi ospitabili), che probabilmente sarà ultimata entro la primavera: una stalla pensata guardando al benessere animale, al miglior rapporto tra qualità della vita della vacca e resa produttiva.
L’ennesima scommessa da scrivere in questa storia.