Mai come in questo momento l’attenzione è massima sull’ambiente, così come sulla necessità di uno sviluppo sostenibile, equilibrato e maturo. Una sfida cui sono chiamate istituzioni e imprese, tra cui quelle del settore lattiero-caseario che, durante l’assemblea annuale di Assolatte, si sono confrontate per individuare un percorso condiviso.
Trovare nuovi modi per ridurre il suo impatto sull’ambiente, gestire le risorse in modo efficiente e aumentare i benefici per la biodiversità e la bioeconomia è una parte cruciale dell’impegno del settore lattiero-caseario.
In questi anni, come ha spiegato Marco Frey, professore ordinario alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il comparto ha già raggiunto obiettivi importanti, a partire da una maggior efficienza nell’approvvigionamento e nell’impiego delle risorse naturali (in particolare di quelle pregiate, come l’acqua), oltre a una riduzione della cosiddetta “impronta ambientale” dell’industria di trasformazione, in particolare per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra, dove le imprese europee raggiungono i migliori risultati del mondo.
Oggi, le sfide riguardando lo sviluppo di metodologie comuni per misurare gli impatti e gli indicatori ambientali e l’individuazione di pratiche innovative per ridurre l’impatto sulla natura lungo tutta la filiera. «Le nostre imprese sono sempre più consapevoli della centralità della sostenibilità e del contributo che possono dare allo sviluppo di un modello economico – ha affermato il presidente di Assolatte, Giuseppe Ambrosi – e dei vantaggi competitivi che possono ottenere in un sistema di produzione e consumo più sostenibile».
Ma, come è stato evidenziato durante il convegno, una maggior sostenibilità ambientale dei prodotti è nulla se non si modificano gli stili di vita. «È ormai condiviso dalla comunità scientifica come sia riduttivo valutare l’impatto ambientale degli alimenti basandosi solo sull’emissione di gas, calcolata su kg di cibo prodotto – spiegano da Assolatte –. Il concetto-chiave è il rapporto tra densità nutrizionale ed emissioni di gas serra: in questo modo si misura l’impatto reale della dieta e non il valore teorico dei singoli cibi. Emerge così come la dieta vegana e quella onnivora si equivalgono, in termini di impronta sull’ambiente. Molto più significative sono le ricadute ambientali degli stili di vita: un volo aereo di lungo raggio può annullare un intero anno di benefici ottenuti con una dieta vegana».