CHERASCO– Nonostante i confini territoriali si estendano così tanto da comprendere le pianure della Granda e le colline della Langa, la città di Cherasco è un piccolo scrigno che in pochi metri racchiude secoli di storia, cultura e tradizioni. Una città che affonda le sue radici in un lontano passato, quando nel 1243 il marchese Manfredi Lancia ne ordinò la costruzione sull’altipiano alla confluenza dei fiumi Stura e Tanaro. Passeggiando per il centro, tra l’Arco Porta Narzole e l’Arco Belvedere, tutti quei secoli di storia si respirano. Si costeggia Palazzo Salmatoris (celebre per aver ospitato Napoleone quando impose l’armistizio ai piemontesi), si attraversa la piazza del Palazzo e della Torre Municipale, si prosegue verso la chiesa di Sant’Agostino e dal parco del Belvedere si ammira la pianura che si perde all’orizzonte. I più avventurosi possono cimentarsi in una piacevole escursione sui dolci pendii della collina, percorrendo uno dei tanti sentieri che – probabilmente – venivano calpestati da pellegrini o cavalieri. Ma a raccontare la storia di una città non ci sono soltanto i suoi monumenti e campanili. Ci sono le eccellenze della terra e della tavola, prodotti enogastronomici che regalano esperienze uniche a chi li sperimenta.
Carlo Davico, che da due anni veste la fascia tricolore, è quanto mai orgoglioso delle tante unicità che la città di Cherasco offre.
Storia, cultura e arte: così Cherasco si presenta a chi non la conosce. Quale, secondo il suo giudizio, l’aspetto che caratterizza maggiormente il suo paese?
«Impossibile tenere distinti questi aspetti perché ognuno serve a creare il quadro d’insieme. Siamo una piccola città alle porte delle Langhe, con una vocazione turistica consolidata (ogni anno migliaia di turisti soggiornano nelle nostre strutture) e siamo consapevoli che la nostra ricchezza è data tanto dalle bellezze architettoniche, artistiche e paesaggistiche, quanto dai prodotti unici che proprio qui hanno origine».
Enogastronomia come veicolo turistico, quindi?
«Sicuramente, ma non solo. Le eccellenze qui prodotte non soltanto attirano attenzione e curiosità, ma creano un ecosistema virtuoso che permette di valorizzare al meglio tanto la materia prima quanto il lavoro di chi la produce. Un vero e proprio modello che, in alcuni casi, identifica addirittura il prodotto».
Si riferisce alle Chiocciole Metodo Cherasco?
«Esattamente. L’Istituto Internazionale di Elicicoltura promuove questo particolare metodo, che si ispira in modo ortodosso alle leggi della natura. Le chiocciole Metodo Cherasco finiscono nelle cucine degli chef più rinomati di tutto il mondo e, aver caratterizzato questo prodotto d’eccellenza con il nostro nome, ha indubbiamente aumentato la notorietà della città. La straordinarietà di questa produzione è anche la circolarità del sistema: l’allevamento non è finalizzato solo alla gastronomia, ma offre prodotti per la cosmesi e la farmaceutica».
Il nome della città è legato anche a un altro prodotto molto apprezzato.
«I baci di Cherasco hanno alle spalle quasi 150 anni di storia. Vennero creati nel 1881 dal pasticciere Marco Barbero: si tratta di squisiti cioccolatini al cacao con nocciole delle Langhe, che si possono trovare in numerosi esercizi specializzati. Ma Cherasco è anche uno dei comuni dove si concentra la produzione di Barolo: la famiglia Fracassi vinifica fin dal 1880 i nebbioli del “Mantoetto”, un terreno di poco più di due ettari, ai confini con La Morra».
Tante particolarità, un unico territorio.
«Sì, credo che la forza del nostro Comune sia questa: essendo territorialmente vasto, in paese trovano spazio attività agricole a agroalimentari differenti, che specialmente in questi ultimi anni hanno saputo recuperare antiche tradizioni per riaffermarsi sul mercato. Come amministratori siamo in prima linea per supportare queste iniziative per aiutare le aziende a consolidarsi, anche attraverso strumenti di tutela come la DeCo (Denominazione di Origine Comunale) ».
Ci sono prodotti che godono di questa tutela?
«La Robiola del Cravè è stato il primo prodotto ad ottenere la DeCo. Si tratta di un formaggio fresco, a base di latte di capra, prodotto da un allevatore che – dopo aver lavorato per vent’anni in un negozio di abbigliamento – ha seguito la passione per la terra, aprendo un’azienda agricola. Il marchio serve a valorizzare il prodotto e garantire la qualità della filiera».
Quali altre frecce avete al vostro arco per la promozione dell’agroalimentare?
«A Cherasco c’è sempre qualcosa da fare. Non passa fine settimana senza un appuntamento, un evento, una mostra, una rassegna. Qui si svolgono i grandi mercatini dell’antiquariato e collezionismo, che richiamano 700/800 bancarelle ogni edizione. Qui organizziamo la Gusta Cherasco per far conoscere i nostri prodotti. Qui si riuniscono da ogni angolo del globo per scoprire i segreti dell’allevamento di chiocciole. Insomma, cerchiamo di offrire un calendario di appuntamenti ricco e variegato per invitare le persone a conoscere la nostra città e assaggiare le nostre eccellenze».