Se lo spreco alimentare resta un problema globale (basta pensare che ogni anno in Italia si butta nell’immondizia cibo per un valore di 15 miliardi di euro, 2 mila miliardi nel mondo), è confortante sapere che – come rileva il ministero dell’Agricoltura – la carne bovina è il prodotto che meno risente di questo rischio. Soltanto il 5% viene sprecato, grazie soprattutto alla struttura e all’organizzazione della produzione, che permette la lavorazione dei sottoprodotti in numerosi processi secondari, ed al valore economico, culturale e sociale attribuito dai consumatori alla carne bovina e ai suoi derivati.
«La possibilità di recupero e valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione del bovino è ampia: un esempio virtuoso di economia circolare che non deve essere inteso come una semplice riduzione degli scarti. Si tratta di un vero modello economico in cui lo scarto viene eliminato all’origine e ogni prodotto che si genera trova un suo specifico indirizzo produttivo di valorizzazione e il suo segmento di mercato. Un ecosistema intelligente di processi industriali che consente di ottenere tanti prodotti, alcuni dei quali del tutto impensabili ed affascinanti, che si aggiungono alla carne e al latte», afferma il direttore di Assocarni Francois Tomei. Tra i prodotti più utilizzati dagli scarti della lavorazione bovina ci sono il cuoio per borse, scarpe e cinture; il caglio per la produzione di formaggi; il grasso e il sego per saponi o cosmetici; le proteine alimentari e i fertilizzanti naturali.