Secondo la Fao, nei prossimi trent’anni la produzione agricola dovrà quasi raddoppiare per riuscire a sfamare quelli che saranno i dieci miliardi di abitanti del nostro pianeta.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura dai terreni sarà necessario ricavare quasi il 70% in più di materie prime, ma dal momento che il suolo adatto ad essere coltivato non è illimitato, nazioni e governi devono sviluppare tecnologie che rendano di più sfruttando meno risorse.
E qui entra in campo la cosiddetta Agricoltura 4.0, la tecnologia applicata alla coltivazione e all’allevamento, che non solo consente d’incrementare la produzione, ma soprattutto di evitare che – lungo tutta la filiera – accadano sprechi e perdite. Sistemi di monitoraggio climatico sono un esempio vincente: grazie a sofisticate App, è possibile ricevere allarmi su potenziali rischi e attivare in tempo reale sistemi di protezione (come pale eoliche per rimescolare l’aria o dispositivi antibrina), capaci di salvaguardare raccolti e produzione.
O ancora, impianti d’irrigazione che si attivano in base alle reali condizioni del terreno, consumando meno acqua rispetto agli impianti tradizionali.
Dopo un primo rallentamento causa Covid, il mercato dell’Agricoltura 4.0 è ripartito alla grande raggiungendo un valore complessivo di 540 milioni di euro in Italia (dati Osservatori Smart Agrifood del Politecnico di Milano), con una crescita del 20% rispetto all’anno scorso. Ma che rappresenta appena il 4% del mercato mondiale, che si stima valga 14 miliardi di euro. La nuova sfida, però, non è soltanto nel continuare a produrre come si è sempre fatto, ma risparmiando tempo e risorse. È quella di inserire la tecnologia nel processo produttivo, facendola diventare imprescindibile. Ad esempio producendo cibi senza nichel, elemento chimico causa di molte allergie, e sostituendo la chimica (che oggi ancora in molti casi aiuta a mantenere elevati standard di produzione) con la tecnologia, per avere alimenti sempre ottimali, ma più salubri.