È emergenza cereali. Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, l’agricoltura italiana cerca risposte alla carenza di materie prime che – inevitabilmente – si sta acuendo sempre più. Nei giorni scorsi, al ministero è stato convocato un tavolo con i sindacati di categoria agricoli per discutere del problema. «Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra», ha detto Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, proponendo all’industria alimentare e mangimistica dei contratti pluriennali di filiera con gli agricoltori per seminare mais e grano.

Dall’estero, come è stato fatto notare in occasione del tavolo, proviene circa la metà del mais necessario per l’alimentazione del bestiame, il 35% del grano duro per la pasta e il 64% di quello tenero per la panificazione.

Negli ultimi dieci anni, secondo Coldiretti, la produzione nazionale di mais si è ridotta di quasi un terzo, mentre un campo di grano su cinque è sparito perché «le industrie hanno preferito acquistare sul mercato mondiale in modo speculativo, approfittando dei prezzi bassi».

«Ora è possibile recuperare alla coltivazione di cereali in Italia almeno un milione di ettari di terreno garantendo redditività alla coltivazione ma anche – ha precisato Prandini – contrastando seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono ed intervenendo inoltre seriamente sulle normative comunitarie che spingono a non coltivare i terreni, eliminando l’obiettivo del 10% di terreni incolti».