Pascoli, un patrimonio ecologico da preservare

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Meno pascoli e meno pastori. È un problema che, nel silenzio dell’opinione pubblica, sta interessando tutto il mondo e che, nel medio periodo, si trasformerà in una questione di sicurezza alimentare globale. 

Le praterie sono sistemi socio-ecologici complessi con valori, processi, beni e servizi. Sono diversi, multifunzionali e comprendono un’ampia varietà di ecosistemi (per esempio, zone aride, praterie, savane) che si sono evoluti insieme alle comunità umane. Oltre alla carne, ai prodotti lattiero-caseari, alle fibre e ad altri prodotti di origine animale, i pascoli e la loro biodiversità sono alla base di servizi ecosistemi su scala locale e globale, come ad esempio, il ciclo dei nutrienti e dell’acqua, il sequestro del carbonio, la salute degli animali e dell’uomo.

I pascoli forniscono importanti benefici ambientali, sociali ed economici che spesso vengono dati per scontati.

Le minacce alla loro salute sono numerose: una di queste è lo squilibrio tra la domanda e l’offerta di foraggio per gli animali, che porta al sovrapascolo, alle specie invasive e all’invasione degli arbusti, nonché all’aumento del rischio di siccità e incendi.

L’Onu, in un report dedicato proprio a questo tema (il 2026 sarà l’anno internazionale dei Pascoli e dei Pastori), evidenzia come pastorizia e i sistemi di produzione estensiva del bestiame siano i mezzi più efficaci per proteggere, gestire in modo sostenibile e ripristinare i pascoli.

Le pratiche di pascolo tradizionale e rigenerativo possono spesso imitare i processi naturali che costruiscono materia organica del suolo, aumentano la ritenzione idrica, sequestrano il carbonio, conservano la biodiversità e riducono la diffusione di specie invasive. È urgente una maggiore attenzione politica e degli investimenti consapevoli per salvaguardare e migliorare la salute e la produttività dei pascoli e dei loro abitanti.