Come emerge dall’ultimo rapporto di The European House-Ambrosetti, la prossima sfida dell’Italia è trasformare tutto l’interesse che il mercato mondiale ha nei confronti del Made in Italy in vere esportazioni. Come? Occupando gli spazi che oggi sono ingiustamente occupati dai prodotti italian sounding ovvero imitazioni straniere che – almeno nel nome – ricordano l’originale italiano. Se l’Italia esporta circa 46 miliardi di cibo all’anno, il mercato del food “italiano” ne vale però 146. Insomma, come ricorda lo studio Ambrosetti, l’italian sounding finisce col valere più del doppio del nostro export. Nonostante quello agroalimentare sia l’unico comparto del Made in Italy che ha visto aumentare l’export anche nel 2020 (+1,8 %), le vendite fuori confine rappresentano solo l’11% del fatturato totale del settore, contro il 20% della Spagna e il 15% della Francia. Significa che i margini di crescita sono ancora molto alti.