La storia di Cascina Castelguelfo, oggi in mano ad Anna
PESSIONE (CHIERI)
Quasi nascosta dall’antico palazzo signorile che svetta sulle campagne di Pessione (Chieri), c’è Cascina Castelguelfo. È l’azienda agricola che Anna Balla Grosso ha rivoluzionato quando ha deciso di tornare alla terra, di prendere in mano le redini dell’attività. Una scelta coraggiosa e profonda, maturata dopo la laurea in Economia e alcune esperienze all’estero, ma con nel cuore il desiderio di restituire un po’ di quello che la famiglia le aveva dato senza mai chiedere nulla in cambio.
L’ENTRATA IN AZIENDA
Tre anni fa, cogliendo l’opportunità di un piano d’insediamento per i giovani, la decisione definitiva: dedicarsi completamente alla cura degli animali, introducendo in stalla quelle innovazioni oramai indispensabili alle aziende moderne. Grazie anche ai preziosi consigli di Luciano Comino, Anna capisce che è necessario riorganizzare il lavoro, le modalità di approvvigionamento degli alimenti, le consulenze dei professionisti. Una vera e propria rivoluzione. Cambiano i fornitori, cambia il veterinario aziendale, cambia l’approccio al lavoro nei campi (solo qualche giornata coltivata, il resto acquistato da terzisti). Una trasformazione che riguarda anche la stalla, dove il benessere dell’animale viene al primo posto: si modificano le cuccette, s’allarga lo spazio esterno con una nuova tettoia.
Ad accompagnare Anna in questa sfida c’è la famiglia: papà Bernardino e mamma Mimosa, che continuano a dare il proprio contributo, sostenendo la trasformazione dell’azienda, senza dimenticare la tanta strada fatta per arrivare fino ad oggi.
LA FAMIGLIA GROSSO
Una strada che parte da lontano, nel tempo e nello spazio.
Bernardino è il nonno di chi oggi porta questo nome. Sono i primi anni del Novecento, a Cascina Parasole (Vigone), oltre il Po, a qualche chilometro di distanza dalle terre coltivate da Anna. È una vita di fatica e sacrifici, ma Bernardino e la moglie Caterina Avalle non si tirano mai indietro. Nel cortile del casolare gestito a mezzadria, tra qualche gallina e pochi conigli, scorrazzano anche i quattro piccoli della famiglia: c’è il primogenito Bartolomeo (classe 1924), assieme ai fratelli Giuseppe, Caterina e Lodovica. Crescono in fretta, respirano l’aria di campagna e, quasi senza accorgersene, si trovano loro a gestire l’azienda, a mungere gli animali (una decina di piemontesi), coltivare i campi e vendere qualche prodotto della terra al mercato del paese. Il secondo conflitto mondiale arriva anche nel piccolo mondo di Cascina Parasole: Bartolomeo viene fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’armistizio, costretto a lavorare per conto dei nazisti fino alla Liberazione.
DOPO LA GUERRA
Tornato da questa difficile esperienza, per il primogenito è il momento di prendere il largo: dopo essersi sposato con Felicita Bertero (classe 1931), il trasloco in Cascina Graneris, sempre a Vigone. Una piccola azienda, una ventina di vacche e tanto lavoro. La famiglia cresce: nascono Bernardino (’56) e Sebastiano (’59), che in quella cascina trascorrono i primi anni della propria infanzia.
Mentre nell’Italia scoppia il boom della rivoluzione industriale, un altro San Martino: Bartolomeo si sposta a Luisetti, frazione di Cumiana. La passione non manca, così come il lavoro da fare. Nella stalla ci sono una trentina di piemontesi, ogni giorno munte dalle mani dei due giovani di famiglia, che hanno anche il compito di trasportare i quattro bidoni di latte fin sul ciglio della strada, dove un carrettino marchiato Biraghi sarebbe passato a ritirarli. Perché è in quegli anni che la storia della famiglia Grosso s’intreccia con quella del caseificio di Cavallermaggiore, dove l’azienda oggi guidata da Anna continua a conferire il suo latte.
LA SECONDA CASCINA
Bartolomeo è uomo dalle mille risorse e potenzialità. Quando, nel 1971, viene a sapere della possibilità di affittare una cascina a Pessione (Chieri), vicino a un bel castello che domina la pianura, non se la lascia sfuggire. Per qualche anno, arrovellandosi per riuscire a gestire tutto, tiene in piedi le due aziende agricole: quella a Cumiana e quella di Chieri, chiedendo ai figli uno sforzo in più. Bernardino fa su e giù da una cascina all’altra con il trattore. Ma ha appena quattordici anni, non ha la patente e quando i carabinieri lo fermano per un controllo lungo il tragitto riesce a scamparla per un soffio.
Intanto l’azienda cresce, aumentano i capi accuditi e nasce l’esigenza di decidere totalmente il proprio destino. Bartolomeo non si perde d’animo, anche se deve affrontare l’improvvisa morte dell’adorata moglie: inizia con l’acquistare due giornate di terreno poco distante dalla cascina che continua a condurre come affittuario; in quel pezzo di terra, nel 1980, costruisce una grande stalla (un centinaio di animali), convertendosi completamente alla razza frisona. A guidare l’azienda ci sono ormai i figli Bernardino e Sebastiano, che convincono il padre a realizzare – dieci anni più tardi – anche una nuova casa dove vivere tutti assieme.
Nonostante l’età che avanza, Bartolomeo non si tira mai indietro. Ma un brutto incidente, una balla di fieno che gli piomba sullo sterno, lo costringe per una quindicina di anni a vivere con una bombola d’ossigeno sempre con sé. Se la porta nella stalla, nei campi, sul trattore. Niente può piegare quell’uomo che ha visto in faccia cos’è la guerra.
Siamo alla fine degli anni Novanta. È un giorno come un altro quando, al cancello della cascina si presenta una donna. È alla ricerca di latte fresco di qualità, che le hanno consigliato di cercare proprio lì. Per Bernardino è il classico colpo di fulmine. Dall’altra parte del cancello c’è Mimosa. Arriva da un paese nel sud dell’Albania, dove era occupata come perito chimica all’interno di un’industria petrolifera. Ma con la figlia Anna, di pochi anni, ha deciso di raggiungere alcuni familiari in Italia per ricominciare una nuova vita.
Nuova vita che parte proprio da Cascina Castelguelfo, dal matrimonio nel ’99 con Bernardino e dalla scelta di dedicarsi anima e corpo all’azienda agricola insieme al marito.
Anna intanto cresce. È una ragazza sveglia e brillante, amante della natura, ma – almeno inizialmente – poco incline a vedere il suo futuro in quelle terre. Supportata dai genitori, prosegue gli studi e viaggia per il mondo, fino a quando – nel 2017 – cresce in lei il desiderio di tornare alla terra, di provare a rinnovare quell’azienda agricola che l’ha vista diventare donna.
Una donna imprenditrice che oggi, con un’ottantina di animali in mungitura, guarda con speranza al domani. Accanto alla stalla, un piccolo laboratorio di trasformazione – già costruito – attende soltanto di poter esser inaugurato. Perché il futuro di Cascina Castelguelfo ancora non è stato scritto tutto.
1924
In Cascina Parasole, nasce Bartolomeo, primogenito di 4 fratelli
1962
Il primo San Martino in frazione Luisetti
1971
Il trasferimento a Chieri, nella cascina accanto al castello
1980
L’acquisto del terreno e la costruzione della nuova stalla
1998
Bernardino conosce Mimosa, emigrata in Italia dall’Albania
2017
La figlia Anna prende in mano le redini dell’azienda agricola