«Si cresce soltanto se lavoriamo insieme»

Il sindaco di Cervere, Corrado Marchisio, spiega il successo della Fiera del Porro

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CERVERE – Dall’idea geniale di un parroco di campagna, deciso a resistere all’emigrazione verso le grandi città, a un evento che registra il tutto esaurito ancor prima dell’inaugurazione.

Questa è la storia del Porro Cervere, un’eccellenza della terra ormai riconosciuta, che ogni anno richiama migliaia di persone nel piccolo paese alle porte del Roero, con un piede nella pianura della Granda. Un prodotto unico, ricercato sui mercati e dai ristoratori, che ha contribuito a far conoscere il nome di Cervere anche oltreconfine.

Corrado Marchisio, sindaco di Cervere, ha ricevuto un’eredità preziosa che, grazie all’instancabile lavoro della Proloco, continua a mettere a frutto nonostante le grandi limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria. Anche quest’anno, seppur rivista nell’organizzazione rispetto al passato, la Fiera del Porro andrà in scena. 

Come ha fatto un prodotto umile a diventare un’eccellenza gastronomica in grado di richiamare l’attenzione di migliaia di persone? 

«Grazie all’intraprendenza di un sacerdote, l’indimenticato don Carlo Cavallo, che per combattere lo spopolamento del dopoguerra passò di cascina in cascina convincendo i giovani a restare a Cervere. Fu lui a capire che facendo sinergia, unendo gli sforzi per un obiettivo comune, le occasioni di crescita non sarebbero mancate: con un manipolo di pionieri, iniziò a coltivare il Porro nei terreni sabbiosi lungo il fiume Stura. Si partì con una produzione minima e, per festeggiare la raccolta, si organizzò una piccola festa, dove ogni famiglia condivideva un piatto. Quella fu l’edizione zero, o forse ancor meno. Oggi, grazie a un’operazione di comunicazione importante e una collaborazione intensa con il territorio, la Fiera è un appuntamento imperdibile che richiama buongustai e appassionati da ogni angolo del paese».

Quale valore aggiunto ha portato il porro alle aziende agricole di Cervere?

«Il Porro Cervere è conosciuto e ricercato, tantoché la produzione non riesce mai a soddisfare la domanda. Essere riusciti, con una visione strategica e un progetto di lungo periodo, a valorizzare quest’ortaggio ha creato vantaggi per gli agricoltori, che oggi sono certi di avere un mercato per il proprio prodotto. Venticinque anni fa è nato il Consorzio, che oggi raduna una quarantina di produttori: è un ente portatore d’interesse strategico, che ha allargato le possibilità di vendita del porro alla grande distribuzione e alla ristorazione. Recentemente è stato anche siglato un accordo per portare il nostro ortaggio nelle mense degli ospedali. La diversificazione degli sbocchi commerciali è un’opportunità per i nostri agricoltori».

E per la città in generale?

«Cervere è a tutti gli effetti la città del Porro. Ovunque siamo conosciuti per questo nostro eccezionale ortaggio, coltivato ancora con metodi tradizionali, tramandati di generazione in generazione. La Fiera del Porro, che è arrivata ad accogliere 20 mila visitatori nelle edizioni passate (dieci volte la popolazione residente in paese), è diventata un volano per le attività di ristorazione della zona, dove l’ortaggio è diventato il principe delle ricette. La presenza di un ristorante due stelle Michelin ha amplificato l’attrattiva gastronomica del nostro paese, con tutto quello che ne consegue in termini d’immagine e indotto lavorativo».

Qual è stata la strategia portata avanti in questi anni nell’organizzazione della Fiera?

«Con la Proloco, cui va il merito di aver sempre garantito la riuscita della manifestazione, si è pensato di “aprire” la nostra rassegna a tutte le eccellenze gastronomiche del territorio, proponendo ogni anno un gemellaggio con qualche prodotto particolare del cuneese. Il Porro si è così sposato con il tartufo d’Alba, con il Gorgonzola di Cavallermaggiore, con l’agnello sambucano.

Quest’anno, purtroppo, le restrizioni ancora in vigore per l’emergenza sanitaria non ci hanno consentito di riproporre i grandi appuntamenti in piazza: ci saranno numerose serate (ora già tutte sold-out, ndr) nella splendida cornice della sede della Proloco, un cascinale ristrutturato perfettamente attrezzato».

Neppure la pandemia vi ha fermato.

«Assolutamente no. Lo scorso anno, ad esempio, visto che i visitatori non potevano venire a Cervere è stata la Fiera a raggiungerli direttamente a casa, con oltre 2.000 Porro Box preparate e consegnate in tutta la Granda. Un’iniziativa che, oltre a soddisfare i palati di migliaia di famiglie, è stata una campagna di promozione eccezionale del Porro in giro per la provincia e non solo. Spiace solo non essere riusciti a soddisfare quella simpatica signora che, ogni anno, organizza una comitiva dalla Svizzera proprio in occasione della Fiera: trasportare il box oltreconfine era troppo anche per le nostre possibilità (ride, ndr)».

Come vede il futuro dell’ecosistema che gravita attorno al Porro?

«La rassegna corre ormai sulle sue gambe da anni, trascinando sempre più la produzione. A Cervere la convivenza tra mondo agricolo e industriale è sempre stata mantenuta, nessun anima ha mai prevalso su un’altra. È possibile che il mancato ricambio generazionale, che in alcune realtà potrebbe verificarsi, porterà a una maggior concentrazione aziendale, con imprese agricole magari intenzionate a espandersi. Come Amministrazione abbiamo sempre cercato di assecondare le richieste del tessuto produttivo del paese, purché non venga intaccato un certo equilibrio. Seguendo l’insegnamento di don Cavallo, si cresce soltanto se lo si fa tutti assieme».