Su e giù nelle cascine

Dai bidoni alle cisterne, la lunga esperienza di Olivero Da cinquant'anni si occupa di trasportare il latte

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CAVALLERMAGGIORE

Se è facile perdere il conto dei chilometri percorsi in cinquant’anni al volante, è impossibile dimenticarsi il volto di tutte le persone incontrate in cascina. Giorgio Olivero, classe 1950, la vita dell’autotrasportatore l’ha declinata a suo modo: nessuna lunga trasferta a migliaia di chilometri di distanza, ma brevi viaggi nelle campagne che conosceva fin da bambino, da quando dalla casa nella centralissima via Roma si spostò con papà Matteo e mamma Antonietta a Cascina Trinità, poco fuori Cavallermaggiore. Aveva cinque anni.

Con loro c’era anche il nonno Andrea (rimasto orfano da ragazzo), pronto ad aiutare tutta la famiglia nella gestione dell’azienda: una trentina di giornate di terreno, condotte a mezzadria, e altrettante vacche nella stalla, munte a mano. Un bidone di latte, poco più, quotidianamente lasciato lungo la strada, in attesa che qualcuno passasse a raccoglierlo per portarlo in quel caseificio che stava crescendo sempre di più.

IL FURGONCINO DEI BIDONI

Giorgio attendeva lì, in piedi: vedeva arrivare il camioncino in lontananza, poi qualcuno scendere, caricare il bidone pieno e scaricare quello vuoto e ripartire. Il camion terminava la sua corsa nel piazzale della Biraghi, dove all’ingresso c’era sempre il ragionier Ferruccio, in sella alla sua bicicletta, a controllare che tutto filasse per il verso giusto.

Giorgio ancora non lo sapeva che su quel furgoncino – negli anni diventato camion e poi autocisterna – un giorno si sarebbe seduto lui. Per cinquant’anni.

In realtà, l’idea di trasformare la sua passione per i motori in qualcosa di più l’aveva già avuta prima di partire soldato, prima di trascorrere quindici mesi a Udine (era il 1971) e conseguire tutte le patenti (a eccezione di quella per i pullman per mancato requisito anagrafico – non aveva ancora 25 anni): per qualche stagione aveva lavorato come contoterzista al volante di mastodontiche mietitrebbie e aveva tentato l’esperienza da camionista per una ditta di trasporti. Ma mal digeriva quelle lunghe traversate in solitaria, vivendo lontano da casa e dagli affetti: gli mancavano le sue campagne, il Monviso a dominare dall’alto tutta la pianura.

Giorgio sul primo furgone con i bidoni sul retro
Un piccolo Claudio già dietro a un volante

IL PRIMO “GIRO”

Così, quando nel 1973 si presentò l’opportunità di rilevare una piccola attività di trasporto latte, acquistando il camion da un autotrasportatore prossimo alla pensione, non dovette pensarci a lungo. Aveva 23 anni e tanta fiducia.

Rilevò il suo primo camion, un Mercedes con 100 mila km alle spalle, e partì girando di cascina in cascina a caricare i bidoni destinati al caseificio Biraghi. Una collaborazione che, da quel momento, non s’interruppe più.

Era un lavoro faticoso, molto fisico. Su e giù per le campagne di Scarnafigi, Moretta, Ruffia e Monasterolo, Giorgio raccoglieva ogni giorno (due volte al giorno, mattino e sera) i bidoni da 50 litri che gli allevatori gli facevano trovare nel cortile o lungo la strada. A forza li caricava sul camion, lasciando in cambio quello vuoto; poi si dirigeva verso Biraghi. Qui i bidoni erano presi, svuotati, lavati e sanificati, prima di essergli riconsegnati, pronti per un altro giro di raccolta. Tempi d’attesa che s’ingannavano tra chiacchiere e risate, in un clima familiare che Giorgio ha sempre respirato in Biraghi, intessendo rapporti molto più che professionali.

Chissà se senza l’austerity imposta dal governo nell’inverno del ’73, che bloccò la circolazione delle auto nei giorni festivi a causa della crisi petrolifera, l’amore tra Giorgio e Giovanna Spertino si sarebbe consolidato al punto da convincerli a scegliersi per tutta la vita (1974): approfittando delle deroghe concesse ai mezzi che trasportavano alimenti, la domenica Giorgio passava a prendere colei che ancora era la sua fidanzata per condividere “gite fuori porta” nelle tante cascine che attendevano l’arrivo del camioncino. Un modo semplice e genuino di trascorrere del tempo assieme, di diventare quella coppia che da quel momento mai più si separò.

Dopo il matrimonio, da Cascina Trinità la famiglia si spostò in una casa in via Priocco e tre anni più tardi nacque Claudio (1977), che oggi prosegue con orgoglio l’attività avviata dal papà.

LE CISTERNE

Sul fronte lavorativo, la grande svolta arrivò nel 1982 quando le nuove leggi in materia di conservazione degli alimenti obbligarono le aziende agricole dotarsi di sistemi di refrigerazione del latte e il sistema di raccolta con i bidoni fu abbandonato. Significava dover cambiare mezzo, attrezzarlo con una cisterna (di proprietà del caseificio Biraghi – com’è tutt’ora) e imparare il nuovo sistema di prelevamento del latte.

Se Giorgio era un po’ spaventato dell’investimento necessario, fu in quell’occasione che Ferruccio Biraghi si dimostrò più che un imprenditore lungimirante: firmò un assegno da 20 milioni di lire per contribuire all’acquisto del nuovo camion, un prestito sulla fiducia, che negli anni venne ripagato con un servizio sempre all’altezza delle aspettative.

Fin dagli esordi, il sistema di prelevamento adottato da Biraghi era all’avanguardia, un’esclusiva che era invidiata da tutti gli altri caseifici d’Italia: il mezzo veniva attrezzato con un sistema automatico di raccolta e conteggio del latte, su cui l’operatore non aveva possibilità d’intervenire, in modo che tutto avvenisse nella massima trasparenza, a tutela tanto dell’allevatore che del caseificio. Un sistema che, aggiornato con le tecnologie moderne (che consentono automaticamente di prelevare un campione per analisi a ogni fermata e di raccoglierne uno complessivo dell’intera cisterna), rende l’azienda Biraghi ancora tra le più innovative in questo comparto. Gli Anni Ottanta sono quelli in cui la maggior parte degli allevamenti si convertono completamente, introducendo mandrie composte da vacche frisone che producono molto più latte. Le cisterne si adattano di conseguenza: la prima era in grado di trasportare 90 quintali di prodotto; quella successiva 120, fino ad arrivare ai 190 quintali dell’attuale.

Sui primi mezzi con cisterna degli anni Ottanta

LE NUOVE GENERAZIONI

Ufficialmente dal 2006 il titolare dell’attività è diventato Claudio, cresciuto fin da piccolo con il sogno di guidare un camion, ma Giorgio continua ad aiutarlo come coadiuvante. Sposato nel 2004 con Chiara Baravalle di Scarnafigi, papà di Martina (2006) e Alice (2008), Claudio continua ogni mattina a passare di cascina in cascina, partendo con il suo mezzo da località Motta Gastaldi (dove nel 1986 tutta la famiglia si era trasferita): raccoglie il latte, lo porta in caseificio. Un’abitudine che si ripete da cinquant’anni, essenziale per garantire sulle nostre tavole il formaggio marchiato Biraghi.