SAVIGLIANO – Quando assieme al papà visita per la prima volta la cascina in cui si trasferiranno, una giovanissima ragazza si sta occupando degli animali al pascolo.
Si chiama Agnese, ha appena quindici anni. Ne rimane subito affascinato, tant’è che dopo pochi anni le chiede di trascorrere il resto della vita assieme.
Quando Pietro Bono (classe 1902) arriva a Savigliano, in quel casolare in località Moiacuto affittato da una signora dell’alta borghesia torinese, ha già alle spalle l’esperienza della vecchia tenuta di Carpenetta (Casalgrasso). E là che è cresciuto assieme ai cinque fratelli (Maddalena, Francesca, Piera, Giacomo e Domenica) e ai genitori (papà Bernardo, 1873 e mamma Antonia Gerbaudo, 1878), mezzadri nella cascina dei reali Savoia. Ha imparato il mestiere, ha capito cosa significa guadagnarsi il pane con fatica e sudore, ha provato sulla propria pelle le difficoltà di vivere mentre nel mondo infuria la guerra.
SAN MARTINO A MOIACUTO
Così, da primogenito, non si tira indietro quando la famiglia trasloca nelle campagne saviglianesi, a una strada di distanza dalla cascina di quella che diverrà sua moglie.
Trenta giornate di terreno, una stalla con venticinque vacche piemontesi, qualche animale da cortile. La gallina più bella bisogna conservarla per quando durante l’estate la “Madama” (così come in famiglia si chiamava la padrona) trascorre qualche giorno in cascina a controllare le sue tenute. Anche parte della legna prende la strada di Torino: tutto è rigidamente dettagliato nel contratto d’affitto, firmato per la prima volta nel 1926.
Lavoro nei campi e giornate passate a mungere.
Ogni giorno, dopo aver riempito i suoi bidoni, Pietro imbraccia il carretto. È lui che si occupa di raccogliere il latte dalle cascine dei dintorni (6 in tutto), per trasportarlo – prima a piedi e poi a cavallo – in un piccolo caseificio sulle sponde del Varaita.
Nel 1929, il matrimonio con Agnese Gili (classe 1911). La famiglia aumenta di numero, con l’arrivo di Antonietta, Bernardo (detto Dino, classe 1935) e Filippo. La felicità di quei giorni dura, purtroppo, il tempo di poche stagioni.
Poco più che trentenne, quando l’azienda agricola fa affidamento soprattutto su di lui (dopo la morte del papà Bernardo nel 1933), Pietro resta coinvolto in un grave incidente a cavallo; le sue condizioni di salute sono gravemente compromesse, tanto che – mentre in Europa sta per scoppiare il secondo conflitto mondiale – Agnese si trova da sola a dover badare ai propri figli. Ad aiutarla in cascina, soltanto il cognato Giacomo (le sorelle di Pietro si sono trasferite).
Pochi anni più tardi (1939), un’altra dura prova da superare. Probabilmente in un attimo di distrazione, il piccolo Bernardo riesce ad arrampicarsi sul vecchio attrezzo per spannocchiare il granoturco. Perde l’equilibrio, cade a terra e il macchinario gli si ribalta addosso perforandolo all’altezza del ventre. Disperata corsa all’ospedale, poi il trasferimento alle Molinette di Torino, dove resta ricoverato per quasi un anno. Agnese non può lasciare abbandonati a loro stessi gli altri figli (il più piccolo ha appena due anni), costretta a fare su e giù dall’ospedale torinese, con treni e stazioni ferroviarie bombardate e l’unica soluzione è farsi accompagnare da una costosa auto a noleggio. Grazie all’intuizione di un luminare della medicina, il piccolo Dino si sottopone a un delicato intervento chirurgico e, dopo qualche mese, può tornare ad abbracciare la mamma.
Mentre la guerra imperversa, Dino diventa ragazzo e poi adulto, prendendo poco alla volta le redini dell’azienda agricola. È sul finire degli anni Cinquanta, quasi come sfida, che nella stalla fanno la loro prima comparsa le frisone, sempre munte a mano.
IL TRASLOCO A CASCINA VIRLE PICCOLO
Venticinquenne, così come il padre Pietro quando si trasferì da Carpenetta, decide che è arrivato il momento di prendere la propria strada: assieme al fratello e alla mamma, trasloca a “Cascina Virle Piccolo”, non troppo distante da dov’è cresciuto. Nella stalla una trentina di piemontesi, fuori una ventina di giornate di terreno.
È il 1960. Da questo momento, la storia della famiglia Bono s’intreccia, per non slegarsi mai più, a quella del caseificio Biraghi, cui iniziano a conferire il latte, dapprima qualche bidone lasciato sul ciglio della strada, poi quintali e quintali al giorno, raccolti con le più moderne attrezzature.
Ma la strada per arrivare a oggi è ancora lunga.
Nel 1966 c’è il matrimonio con Assunta Becchio (classe 1942, di Monasterolo di Savigliano), che l’anno successivo regala a Dino il primogenito Piero (1967) e, poco dopo, il secondo figlio Mauro (1970).
Insieme alla famiglia, cresce anche l’azienda agricola e l’esigenza di nuovi spazi. Dopo aver affittato per un po’ di tempo la stalla di un vicino, bussa alla porta l’occasione di rilevare la cascina.
Nel 1986 viene così firmato l’atto d’acquisto e, tre anni più tardi, in Cascina Virle Piccolo si aggiunge una nuova stalla attrezzata per il trasporto latte. Un ricovero per un centinaio di vacche, per la prima volta tutte frisone.
Abituati fin da piccoli a occuparsi degli animali, per i due fratelli diventa naturale seguire le orme di papà Dino, portando poco alla volta miglioramenti, tecnologie e novità.
Poco alla volta si conquistano la fiducia dei genitori (come quando, poco più che bambini, vengono lasciati da soli a gestire la cascina per un’intera giornata permettendo a mamma e papà, dopo anni senza un giorno di riposo, di godersi una festa di nozze) e prendono in mano il destino dell’azienda agricola.
L’ARRIVO DELLA V GENERAZIONE
Per Piero il matrimonio con Emma Mellano arriva nel 1997 e l’anno successivo la gioia di diventare papà (con Chiara, 1998), emozione che si ripeterà ancora altre due volte (Silvia, 2000; Annalisa, 2003).
Mauro, invece, si sposa con Luciana Ferrero quasi dieci anni più tardi (2016).
Ad ampliarsi non è soltanto la famiglia. Agli inizi del nuovo millennio (2000), la vecchia stalla è completamente riqualificata (stabulazione libera) e viene costruita la sala mungitura, ancora oggi utilizzata a servizio di una novantina di capi (200 animali in tutto).
Il futuro della Cascina Virle Piccolo è ancora tutto da scrivere.